"SINISTER"

"Sinister" ha centrato l'obbiettivo: una delle scommesse vinte dal produttore Jason Blum (fondatore della "Blumhouse", casa di produzione e punto di riferimento del cinema horror post-duemila) e dal regista Scott Derrickson. Siamo nel 2012, e fin da subito "Sinister" si è imposto all'attenzione non solo degli appassionati, ma anche del pubblico più generalista. Ed è diventato, a suo modo, uno di quei film di riferimento, con tanto di seguito obbligatorio, anche se, non obbligato ("Sinister 2"). Certo, non ci troviamo davanti al capolavoro del secolo, non è un film che pretende di cambiare i connotati del genere. Non rompe schemi, ma è un film riuscito, realizzato con tutti i crismi, diretto con mestiere da un regista che sa il fatto suo, ma soprattutto, sa toccare benissimo le corde della "paura". Già questa sembra un'ovvietà, ma non è così, ve lo assicuro. Un film dell'orrore che fa paura e terrorizza l'immaginario del pubblico? Sembra un eresia… Perchè il cinema horror spesso, in particolare negli ultimi anni, si sta “accartocciando” sempre più spesso in una spirale di autocitazione e compiacimento sia tecnico che stilistico. Questo non significa che non vengono realizzati ottimi prodotti, anzi, sono usciti film che sono ormai capisaldi del terrore “new millenial”, alcuni anche rivoluzionari (ne parlerò in futuro) ma spesso, per accontentare una fame nervosa di mercato, vengono sformati valanghe di film e filmetti copiosi, nati già stanchi, stereotipati al massimo, fatti solo per sfamare, anzi, per saziare il pubblico, che nulla danno e nulla tolgono, a cui manca fin dal loro concepimento il sacro demone che ogni film del genere deve possedere...

"Sinister", invece, gioca d'astuzia, con tutti i crismi del caso, le giuste atmosfere ed un pathos che non dà mai tregua, riuscendo così a tenere incollati allo schermo anche i più smaliziati e i poco propensi. Tutto parte da un filmato in super8, quelle pellicole che odorano di “retrò”, e che racchiudono quasi sempre inquietanti segreti e maledizioni. In fondo, dentro a quei filmini amatoriali si cela qualcosa, come dire, di inconfessabile. Ve lo ricordate un film come "Ringu"? caposaldo indiscusso e gioiello dei “JHorror”, datato 1998. In quel caso protagonista era una consumata videocassetta, anche questa "analogica" vista oggi, che celava una storia di morte e maledizione. Invece qui torniamo al cinema “casalingo”, alla celluloide, ai filmini della domenica. Allora, si potrebbe azzardare che "Sinister" è metacinema, anzi metahorror, visto che al centro del film c'è la storia di un film, (da qui i riferimenti a "ringu"), che mostra una raccapricciante impiccagione di quattro persone, appesi ad un grosso ramo di un albero nel giardino della villa, in cui uno scrittore (Ethan Hawke), con moglie e figli, decidono, non sapendo dei fatti avvenuti (anche se il marito…), di andare proprio a viverci, e sarà lui a trovare, nascoste nella polverosa soffitta, alcune bobine, abbandonate da chissà chi, dove sono filmati degli efferati omicidi (nello stile degli "sniff movie"), le cui vittime, appunto, sono nuclei familiari. Lo scrittore diventa così il testimone involontario, attraverso questa scoperta, e cercherà di trovare un nesso tra i delitti, e cosa c’è dietro e dentro a tutto questo... Già l'incipit è notevole, perchè la trama si innesta nel thriller, la scrittura filmica diventa forte e piena di colpi di scena, contaminandosi perfettamente con l'horror più ansiogeno, così da stuzzicare il miglior Dario Argento, quello degli anni settanta/primi anni ottanta. Ma, attenzione, nel film di Derrickson non ci sono i sofisticati giochi dadaisti di Argento, la trama è più lineare, più secca, non ci sono le invenzioni visive e paranoidi del regista romano. L'effetto è tutto sulle "sinistre" atmosfere, regalandoci una tensione pesante, forse in alcuni momenti un pò scontata, ma sempre e comunque "d'effetto", che taglia dove si deve tagliare, con un'attenzione particolare (e forse un pò insistita, per me) agli "Jumpscare". Ma poi, qualcosa si focalizza: durante le proiezioni di queste bobine, qualcosa, anzi, qualcuno prende forma nel filmato, una sagoma inquietante. Chi è mai questa figura? Chi si cela in quell'ombra malefica, sempre dietro ad ogni delitto? E' il "Bughuul", un demone pagano, una sorta di "babau", il mangiatore di bambini. E' un mostro dell'assoluto, una perfetta metafora del male incarnato, descritto con un look alquanto iconico (uno spirito demoniaco, legato al culto babilonese, un'entità antichissima ma "moderna", che travalica i tempi ed il tempo, vestito con giacca nera, con un volto deturpato, nascosto da lunghi capelli corvini, a metà tra un decadente "rocker" e uno zombi della migliore specie!). Non spoilero, ma l'inevitabile si manifesterà, e tutto scivolerà in un infernale viaggio, che odora, anzi puzza di morte… Soprattutto nella seconda parte il "metahorror" prende il sopravvento: le citazioni si sprecano e si sommano, così come i clichè sul genere, tanti, forse troppi: ed eccoci, quindi, alle "classiche" maledizioni, alla villa posseduta da un'entità, infine, sulla fenomenologia del Mostro, tanto orribile quanto cattivo, sempre (e comunque) affamato di morte... Ci sono echi (dovuti) dal cinema di Lucio Fulci, ovviamente ("quella villa accanto al cimitero" si sente, eccome se si sente, anche perchè il "Bughuul" richiama il Dottor Jacob Freudstein!) ma non solo. Come detto, "Sinister" non va visto con presunzione di cercare l'opera che non ti aspetti, altrimenti si resterà con l'amaro in bocca, ma per gustarsi un ottimo film, da vedere solo per il piacere di divertirsi "da paura"...


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Raffaello Becucci