Fuori dal coro

Un mare infinito di produzioni è quello che attende chi si affaccia oggi allo scenario della musica “altra”. Un oceano multiforme, diffuso e amplificato dalla rivoluzione digitale che così radicalmente ha cambiato le modalità di creazione/fruizione del suono. Profilo bicefalo però quello del web che grazie alla sua fruibilità consente una larga diffusione orizzontale delle produzioni ma che, per contro, spesso limita processi verticali di approfondimento proprio per l’eccesso di informazioni veicolate.

 In questo scenario però un valido aiuto arriva dal circuito costituito da label, webzines e webradio che, ormai affermato in ogni angolo del globo, rappresenta punti di orientamento per l’ascoltatore e allo stesso tempo piattaforme di sostegno al lavoro di chi opera nell’area della musica. Spesso, paradossalmente, la pluralità e la quantità delle produzioni fa si che si tratti più di scegliere che di cercare.

 Slowth records nasce a Bologna nel 2020 ad opera di Matteo Pastorello, Mattia Loris Siboni e Niccolò Salvi accomunati, oltreché dagli studi al Conservatorio G. B. Martini della loro città e dalla comune attività nell’area della musica elettronica, dalla necessità di valorizzare la ricerca e la sperimentazione  musicale. Organizzata in associazione culturale Slowth dà vita ad una etichetta musicale indipendente. La sua visione è molto ampia e allo stesso tempo molto semplice: ricercare e diffondere modalità e contenuti nuovi. Per coniugare subito e in maniera esatta l’aggettivo “nuovo” come Slowth lo concepisce basta ascoltare qualcuna delle produzioni in catalogo. Fra le diverse produzioni é presente anche l’annuale compilation legata al festival BolognaSound, titolo coniato dal compositore Francesco Giomi per questa rassegna composta da un ciclo di eventi e nata dalla collaborazione tra Elettronica Collettiva Bologna e il Conservatorio di Musica di Bologna. I volumi della compilation portano il titolo della rassegna quale omaggio a quel modo di intendere il pensiero musicale, di fatto assai vicino alla visione di Slowth. I due volumi della compilation (presto arriverà anche un terzo capitolo) sono anche intesi come omaggio alla scena elettronica sperimentale bolognese, una sorta di "manifesto" dell’etichetta che ogni anno si rinnova e si adatta alle tendenze musicali che i musicisti e le musiciste bolognesi offrono.



 
 

 L’onda livellatrice della globalizzazione non ha risparmiato neppure l’area della musica di ricerca così moltissime piattaforme presentano autori e produzioni poco distinguibili gli uni dagli altri, dove un modello sembra ripetersi con minime variazioni e a danno completo dell’originalità. Monotipia se non in casi estremi anche settarismo. Slowth records salta a pié pari questa palude collocandosi su un terreno completamente diverso dove ricerca significa libertà, di strumenti e di linguaggi. Slowth affronta con uno sguardo privo di steccati i diversi progetti. Un fil rouge lega tutta l’attività; portare in luce esperienze interessanti e originali senza la forzatura del “modello”. Un lavoro difficile ospitare live electronics e field recording, voci e campionamenti, progetti singoli e lavori di gruppo, operazione che presuppone una precisa chiarezza progettuale, capace di orientarsi nella diversità dei linguaggi musicali ma seguendo sempre lo stesso spirito di originalità e libertà. Nello sconfinato scenario della musica “altra” la diversità dei modi e dei contenuti per Slowth rappresenta un fattore di fascino traducendosi in un stimolo all’azione, un percorso dentro un’area all’interno della quale muoversi guidati da una bussola di coniugazioni sonore sicuramente non omologate.

Approfondiamo alcuni argomenti con i fondatori di Slowth records:

  

Partiamo dall’inizio e cioé da Slowth records: perché la scelta di aprire un'etichetta? In che modo ricerchi gli artisti? Come si svolge il rapporto con loro?

 La scelta di aprire un'etichetta è nata quasi per necessità, in un momento di “stallo” come quello del 2020 ci siamo sentiti in dovere di reagire e proporre qualcosa, proporre una realtà che basa il proprio pensiero sul concetto di comunità e promozione culturale, e che cerca costantemente di valorizzare la ricerca musicale. Chiaramente siamo partiti da esperienze e persone a noi vicine, come ad esempio il progetto “BolognaSound” di cui è prossima la pubblicazione del terzo volume, per poi aprirsi a compositori e musicisti che non appartengono alla sola scena elettronica bolognese. Solitamente per quanto riguarda la ricerca degli artisti, arrivano tante proposte e dunque possiamo ritenerci fortunati; i primi prodotti del catalogo però sono stati scelti (e richiesti) dall’etichetta in quanto musicalmente molto validi, di grande rilievo. Il rapporto non è certamente a senso unico, amiamo rimanere in contatto con gli artisti, costruendo una rete di relazioni e contatti che gravitano attorno al progetto con l’obiettivo di valorizzarlo, farlo “vivere” e fruire nella maniera migliore.

 Credo che gestire un'etichetta non sia un' attività facile, fra le altre cose anche per la vastità dello scenario musicale. Ampio sia in fase di scelta dei materiali sia successivamente nel cercare di rendere le proprie produzioni visibili fra tante. Ti chiedi mai: "Perché faccio questo e perché continuo a farlo”?

 Crediamo che continuare a porsi dubbi sia necessario, come chiedersi effettivamente quale sia l’utilità di uscire con un’etichetta discografica nel 2022 (oramai 2023) quando pubblicare musica è alla portata di tutti. Il focus però è un altro e ben diverso, è proprio grazie allo scenario così vasto che gli stimoli sono continui, e dunque la voglia di dare la giusta importanza e risalto a musica nuova ci invoglia a continuare, siamo noi i primi ad essere curiosi insomma! Lo scopo di Slowth Records non è quello commerciale, delle vendite o degli ascolti, è la promozione e valorizzazione di una ricerca, di ciò che sta dietro ad una produzione, che cerchiamo di comunicare al pubblico scardinando l’idea che solo hi è  “del mestiere” possa capire.

 Oltre che promuovere il lavoro di una serie di musicisti Slowth (che è associazione culturale) significa anche il motore di un progetto come Bologna Sound che, visto nel panorama nazionale, mi sembra decisamente positivo nel suo far da ponte fra creatività e territorio urbano. Ci vuoi parlare di questo progetto e del lavoro che Slowth fa per la sua realizzazione?

BolognaSound (termine coniato dal compositore Francesco Giomi) nasce inizialmente proprio dall’idea di raccogliere esperienze “vicine”, come quelle della Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio G.B. Martini di Bologna, del quale siamo stati studenti. Il BolognaSound può essere considerato come una corrente musicale, un’ideologia del fare musica. Il desiderio è stato quello di riportare queste esperienze in varie pubblicazioni annuali. Nel primo volume sono raccolti brani acusmatici provenienti dalle esperienze del conservatorio ma già noti per partecipazioni a concerti pubblici o festival musicali di rilievo, il secondo volume (GBM50 Edition) ha celebrato i 50 anni della Scuola di Musica Elettronica a Bologna, dunque contiene brani anche di data non recente, mentre per il terzo volume è stata indetta una Call for works, i quali risultati sono stati da poco annunciati

 Oltre all’etichetta la tua attività si rivolge anche a produzioni in solo ed in collaborazione con altri musicisti. Trovi differenze fra il tuo modo di fare suoni da solo o nelle collaborazioni con altri? Con quali modalità affronti la collaborazione con altri artisti?

Ognuno di noi è musicista e compositore, ed è proprio questo che ci aiuta nel rapporto con i nostri artisti, perché di fatto siamo tutti sulla stessa barca. Ognuno di noi ha una propria identità e sensibilità musicale che certamente nelle collaborazioni con altri viene riflessa: non può e non deve essere nascosta. In questo crediamo che il rispetto “musicale” reciproco sia fondamentale, suonare da soli non è il suonare insieme.

 Per finire mi interessa conoscere il tuo punto di vista su due temi molto diversi fra loro ma ugualmente pressanti e cioé; Internet può determinare la fine progressiva dei supporti analogici (lp, cd, tape)? Quali sono i punti di forza e di debolezza della scena musicale sperimentale italiana?

 Rispetto al primo tema, ogni tipo di innovazione porta di certo cambiamenti che vanno a scardinare e modificare usi e abitudini, certamente Internet si è già imposto sul supporto analogico, che molte volte viene semplicemente visto come “souvenir” di un concerto, si da valore all’oggetto in sé e non al contenuto magari. Con questo non vogliamo in alcun modo addentrarci nelle polemiche “analogico vs digitale” o nei tecnicismi dei diversi supporti, ma è indubbio che la fruibilità semplice e comoda di un prodotto discografico sulle varie piattaforme digitali porta certamente vantaggi e congetture non trascurabili, perché dunque non sfruttarle al meglio?

 Il punto di forza invece della scena musicale sperimentale italiana più grande credo sia la “forza propulsiva”, l’energia viva che è motore delle numerosissime esperienze, grandi e piccole, che la caratterizzano e che la rendono vitale. Per contro, credo che purtroppo tante volte la tendenza sia quella dell’auto-isolamento, forse coadiuvato da ideologie musicali o approcci differenti.

 Il link per approfondire la conoscenza di Slowth records:

https://slowthrecords.bandcamp.com/

 
 




DANIELE CIULLINI