Recensire una fragola

Molti pensano che il cibo sia solo cibo, ma altri invece proiettano, specialmente sulla frutta (neanche il più astuto tra i freudiani ha capito il perché), strane immagini a sfondo carnale o escatologico. La storia dell’arte è piena di esempi, soprattutto quell’arte che abbia al proprio centro l’immagine in tutte le sue svariate e poliformi conformazioni, sulle quali non insisterò oltre, perché noi invece nascosto dietro agli epicarpi cutinizzati, nella zuccherosa polpa dell’ovario delle angiosperme, scorgiamo interi, vasti, epici romanzi. In questa circostanza ci ritroviamo ad analizzare il Bildungsroman intitolato, per quanto riguarda la lingua italiana, Fragola. 
Siamo al cospetto della più classica delle opere postmoderne e postavanguardistiche, dato che la Fragola solo apparentemente è una storia unitaria capace di mostrare frasi integre senza frammentazioni, una sorta di iperbato che, trattandosi di un frutto aggregato, dal punto di vista botanico non può esser considerato neppure un frutto. Dunque cosa è? Se il postmodernismo ha fatto come proprio centro l’assenza di centro, epitropicamente inteso, ovvero ha costruito intertestualità da scovarsi costantemente ai margini non solo della Fragola, ma anche del cronotopo stesso che l’autore (assente o presente che sia) ha messo in atto per noi, così l’ipallage. No, volevo dire: la Fragola. Essa ci racconta, con tutta la sua zuccherosa e infantile sessualità, l’esposizione scherzosa delle catacresi vocali, dato che i semi sono estroflessi sull’epicarpo e messi in mostra come seni di una puttana in un mondo senza marciapiedi. Ups. 
Dunque il vero centro di questa storia, che però è riportato solo in quarta di copertina, è il triste, abietto mondo del Corax. Ma, come dire, ne è solo la facciata, dal momento che appena si varchi il paratesto dell’esocarpo, ci si trova di fronte ad una metalepsi d’amore intensa e nabokoviana, cesellata da buffi aneddoti e macchinari desideranti atti a ossimorare tutte quelle superfici lisce del corpo umano che tanto bramiamo da quando siamo venuti al mondo, cioè, fondamentalmente le concavità preterizionali. Proprio qui possiamo scorgere le più serie contraddizioni della iconolagnia: nel punto interno e questa volta centrale della polpa, dove si radica la prolessi, nella parte alta vicina allo stolone, si dipanano mille meiosi bianche che raggiungono ognuna uno iantronudista sul bordo marginale dello pseudo frutto, così che sfogliando continuamente le pagine, mangiandole, per così dire, una dopo una ci si ricapitulazio la strana, contorta litote che da un cuore tenero e centrale conduce attraverso 181 kj ogni 144 grammi di anaclitismo, qualsiasi cosa questa cosa significhi. 
 

Ferruccio Mazzanti

Ferruccio Mazzanti