Danza di spettri (di Marx)

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Perchè il trionfo del modello economico neoliberista su scala planetaria ci ha portati ad una cultura retrospettiva, privandoci delle aspettative utopistiche verso un futuro molteplice e carico di forza ?

Da questa domanda, rumore di fondo ossessivo, dolente frattura, prende avvio la danza degli spettri: fantasmi ben saldi dentro la lingua che usiamo per scrivere, per comporre musica, per creare universi cinematografici. Il centro radiante qui è un sentimento di malinconia per i futuri possibili di cui siamo stati privati, futuri non realizzati ma esistenti in forme, appunto, spettrali, ma non per questo meno influenti. Siamo condannati ad esistere in uno spazio congelato tra “non più” e “non ancora”: siamo prigionieri di una sorta di non-tempo. Se l'intuizione generatrice di tutto il paesaggio critico creato da Mark Fisher è contenuta in Spettri di Marx di Jacques Derrida, felicemente il processo decostruttivo viene messo al servizio di una indagine dentro territori diversamente filosofici, come le forme musicali dei Joy Division o il cinema di Stanley Kubrick e Christopher Nolan. Scritti con una lingua di trasparente energia, questi saggi mi sembrano rappresentare uno dei punti più alti a cui la critica contemporanea (letteraria, musicale, cinematografica, televisiva) può oggi arrivare. La chiarezza con cui sono tracciati non deve trarre in inganno: si tratta di oggetti complessi che offrono al lettore una raffinatissima stratificazione. Al piano strettamente critico si aggiunge un livello esistenziale del tutto intimo, spesso messo a confronto con una più ampia scena sociale. Sono scritture virtuosistiche, capaci di farci sognare e di farci male. Purtroppo Ghosts Of My Life è un libro-testamento, ultimo simulacro della presenza di Mark Fisher.

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Stefano Loria