Il piccolo protettore

Opera di Alessandro Bazan (collezione di Sergio Tossi)

Opera di Alessandro Bazan (collezione di Sergio Tossi)

Questa è una storia di sfruttamento minorile. La storia di due minori che hanno sfruttato la situazione.

I suoi genitori avevano problemi perfino per pagargli la mensa scolastica. Una sera sentì che parlavano in cucina.
“Licenziato” voleva dire che suo padre non aveva più lavoro e che non gli sarebbero più arrivati soldi. Non era una cosa nuova: i lavori dei suoi genitori erano di una brevità usa e getta, soprattutto getta.
Parlarono per un tempo interminabile della banca e del lavoro.
Lui non comprendeva tutta questa attenzione per la banca e per il lavoro, quando il vero problema erano i soldi.
L'angoscia toglieva loro lucidità. Li capiva ma non intendeva imitarli. Decise che da quel momento in poi avrebbe pensato chiaramente, sarebbe andato diritto al nocciolo del problema: non si sarebbe occupato di banche e di lavoro, ma di soldi. 
A scuola ci fu una lezione su un popolo a cui avevano rubato la terra. Era da qualche parte in Africa. Lui non era in Africa e non aveva tempo per i dettagli. Pensava al nocciolo.
A casa i suoi genitori, persone corrette e responsabili, sentito della lezione continuarono il discorso: parlarono del popolo a cui era stata rubata la terra.
Non erano mai stati Africa: che ne sapevano? Al tempo stesso erano così informati che sfuggiva loro il nocciolo: rubare la terra era una buona idea.
Vicino a casa loro abitava un signore ricco: aveva un bellissimo giardino e tutti lodavano la sua terra speciale che faceva crescere rose magnifiche. Si ripromise di rubarla. Era novembre, faceva buio presto, e così Carlo prese una zappa, un secchio e si intrufolò nel giardino della terra promessa. Entrare fu facile dato che la recinzione era simbolica. Zappare si rivelò difficile. Alla fine comunque fu di nuovo in strada: sudato e con un secchio pieno di terra.
Incontrò Marta, una compagna di scuola con cui non aveva mai parlato perché erano in classi diverse, lei era più grande. Si guardarono. Marta fissò il secchio pieno di terra, la zappa, il giardino alle loro spalle.
Chissà cosa stava per dire. Lui si preparò a inventare balle.
“Un bel secchio” disse lei con gli occhi che luccicavano.
Carlo a queste parole, e guardando la sua espressione incoraggiante, sentì un senso di complicità istantanea e - abbandonati i propositi di menzogna - le raccontò la questione a grandi linee.
“Ma sei un piccolo ladro” fece lei, con un'allegria commossa.
“La terra è di tutti. Ma ora è mia. Accompagnami a venderla”.
Andarono al Consorzio agrario. Lì lui sapeva che si vendevano sacchi di terra. Non aveva mai capito il motivo, tuttavia non intendeva farsi sviare da pensieri secondari. Il pensiero principale era: se vendono sacchi di terra qualsiasi compreranno anche un secchio della terra migliore del mondo.
Al Consorzio gli risero in faccia.
Uscendo lui non sapeva più cosa fare con quel secchio pieno di terra.
“Lo vuoi? Te lo regalo” chiese a Marta.
“No” sorrise lei. “E così ti piace vendere terra, eh?”.
“E' che abbiamo bisogno di soldi. E i miei genitori perdono tempo con cose come le banche e il lavoro”.
“Fanno tutti così”.
“Non lo capisco”.
“E' perché hanno paura e allora imitano gli altri. Te hai paura?”
“No”.
Che ragazza illuminante. L'intensità dei loro dialoghi vibrava nel crepuscolo. 
Versò la terra nel giardinetto di casa, per un futuro migliore.
Nei giorni successivi si incontrarono ancora, a scuola o per strada,  si limitarono a cenni di saluto. Non è che puoi parlare sempre.
Una mattina a ricreazione lei gli disse:
“Hai trovato i soldi?”
“Ho delle idee”.
Come d'incanto si trovarono a collaborare. Si combinavano bene. Carlo avendo visto molti di film aveva un sacco di idee, e Marta faceva le cose con naturalezza.
I genitori di Carlo con  la loro coscienza sociale fornivano spunti importanti. Carlo li sentì parlare della piaga della pedofilia. Il giorno dopo lui e Marta erano ai giardinetti.
Avvicinarono un signore solitario. Un tipo elegante, con la barba, che leggeva un libro su una panchina
“E' pieno di bambini qui, eh?” esordì Carlo.
“Certo, siamo ai giardinetti” disse il signore, gentile e lievemente sorpreso.
“E lei è un signore solo”.
“Già”, fece pacato ma inquieto.
“Ed è proprio qui che viene a leggere”.
Il signore cominciava a non capire.
“Non crede di aver bisogno di protezione?” chiese Carlo.
“Come?”
“La protezione. Per pochi soldi le garantiamo la protezione”.
“Ma protezione da cosa” il signore ora non  era più pacato ma apertamente allarmato. Anche il libro non lo interessava più.
Come sono fragili gli interessi umani!
“Uno di questi bambini potrebbe raccontare di essere stato molestato da lei”.
Quello strabuzzò gli occhi e divenne rosso in viso. E probabilmente in tutto il corpo.
Invece Carlo e Marta si sentivano tranquillissimi, in pace con se stessi e in armonia col mondo.
Il signore invece sembrava disagio.
“Molestato da me?”
“Ma sì, da lei, e da chi sennò” cercò di spiegare Carlo. “Non vede quante mamme ci sono in giro? Potrebbero essere pericolose”.
“Io non molesto nessuno”.
“Questo non conta, non conta assolutamente. Se io dicessi che lei mi ha molestato, e avessi anche un testimone...”
“Quale testimone”.
Quel signore era davvero confuso.
“Eccolo il testimone!” esclamò Carlo indicando Marta, modesta ma fiera.
Insomma, il signore finì per pagare la protezione. 
 

Enzo Fileno Carabba