Come galleggiare nel diluvio

Questo racconto amplifica una storia che piaceva a Leonardo da Vinci. Il celebre genio la raccontava spesso quando era emigrante Milano, con certe facce che solo lui sapeva fare. È un episodio della vita del grande pittore avventuroso (e “venereo”) Filippo Lippi. Dato che ho appena pubblicato un libro con storie ispirate alle Vite del Vasari ci si potrebbe chiedere perché non l'ho messo lì. Il fatto è che nel libro in questione (Vite sognate del Vasari, Bompiani) ogni racconto cerca di cogliere il senso di una vita intera in poche pagine. In questo caso, invece e appunto, è solo un episodio. È vero, però, che anche un episodio può avere senso.

Enzo Fileno Carabba ritratto da Carlo Zei

Come Galleggiare nel diluvio

I grandi personaggi raccontano sempre le stesse storie, per capirle meglio. Leonardo da Vinci quando era un emigrante a Milano raccontava storie legate all'acqua, perché sentiva nostalgia di questo elemento che lassù scarseggia. Per lo stesso motivo lavorò al sistema di chiuse dei navigli cercando una cosa importante nella vita: la navigabilità.

Nella cinquantottesima novella di Matteo Bandello si legge che Leonardo una volta raccontò ad alcuni gentiluomini la storia di Filippo Lippi rapito dai pirati nel mare Adriatico e portato in Africa. Matteo Bandello, allora novizio domenicano dodicenne, era presente, quando  Leonardo raccontò l'episodio, e si capisce che il celebre genio lo raccontava spesso trovandoci – dobbiamo immaginare – sempre nuove insenature.

Recentemente è tornata alla luce la Storia generale di Giovan Girolamo de' Rossi, un testo del Cinquecento che era rimasto nascosto chissà dove per cinque secoli ed è pieno di notizie. Nell'Appendice, non ancora pubblicata, che ho avuto modo di consultare in una casa privata, si legge che Leonardo da Vinci sentì la storia di Filippo Lippi da Botticelli, che l'aveva sentita da Filippino Lippi, cioè il figlio di Filippo. Il padre gliel'aveva raccontata mille volte e Filippino non ne poteva più, invece Botticelli e Leonardo non si stancavano di ascoltarla. Quante volte inseguirono il povero Filippino perché la raccontasse ancora! Può darsi che  Filippino, esasperato, abbia aggiunto qualche dettaglio falso.

Molti  proverbi ci ingannano, ma non quello che dice che l'abito non fa il monaco. Filippo Lippi era un frate, ma la sua vita non fu quella del tipico frate. Era spinto da  una curiosità fisica che fece di lui un investigatore del peccato. Un giorno, fuggendo dalle conseguenze negative di un'avventura proibita a carattere libidinoso, si trovava su una barchetta a largo di Ancona quando sopraggiunsero alcune piccole navi veloci. Troppo veloci. Filippo fu rapito dagli uomini del gran corsaro Abdul Maumen. Fin qui, più o meno, il racconto del Bandello (e anche del Vasari). Sembra  falso invece è vero. Il Mediterraneo è stata la vera patria della pirateria, sono i pirati dei Caraibi ad essere degli impostori. Comunque, nell' Appendice alla Storia generale si leggono i dettagli che si impressero nell'immaginazione di Leonardo e anche in quella di Botticelli segnando per sempre il loro rapporto con l'acqua.

Durante il viaggio Filippo si ammalò e fu rinchiuso in un angolo buio dell'imbarcazione. Solo, denutrito, in un antro marcio e umido. Rosicchiava il legno. Beveva le lacrime. Aspettava di morire. Ma era già all'inferno. L'oscurità malsana veniva dissipata soltanto a mezzogiorno, quando, per qualche minuto, un raggio di luce pioveva nell'orrenda cella.

Una notte i pirati buttarono qualcosa non lontano da Filippo, che si sforzò di guardare senza osare avvicinarsi.  “Un sacco” pensò. Il sacco sussultò, si mosse. Doveva essere un sacco pieno di topi, qualche scherzo crudele dei pirati.

“Meglio se mi sbrigo a morire” pensò Filippo. Ma non ci riuscì. C'era, in lui, qualcosa che non si arrendeva e anzi prendeva forza dalla disperazione. Come certe meduse che, in situazioni estreme, ustionano se stesse per rigenerarsi.

Ma sapeva che doveva farlo. Allora allungò il braccio e toccò il sacco, per farsi divorare dai topi.

Il sacco rantolò. Lui ritrasse la mano.

Il giorno dopo, a mezzogiorno, il raggio di luce piovve e Filippo vide quel sacco alzarsi e srotolarsi con una grazia sorprendente. Il raggio dipinse nell'aria una creatura lunga e verde: una donna.

Lei fu la sua salvezza. Era una schiava come lui, ma da più tempo. Si era ammalata, l'avevano buttata laggiù per paura del contagio e dei suoi discorsi da strega. Non era affatto verde, quella era solo una prima impressione, e poi all'inizio la donna stava male. Quando migliorò divenne bianca. Era alta, bella. Capace di sopravvivere. Non è che proprio parlasse, piuttosto cantava. Un canto sommesso e ipnotico con cui riusciva a comunicare, se ti lasciavi andare all'ascolto. Nelle ore infinite del buio gli insegnò ad ascoltare il rumore dell'acqua,  con la sua regolarità e i suoi imprevisti. Filippo cercava di capire la legge che governa quella musica. In certi momenti, guidato dalla voce della donna, riusciva quasi a vedere quella legge. È anche per questo racconto che Leonardo disegnò molte volte la forma dell'acqua.

A Filippo,  a forza di ascoltare la sua voce gorgogliante  nello sciabordio, sembrò che quella donna nascesse dal mare. Per questo poi Botticelli dipinse la Venere che nasce dal mare. Sta in equilibrio precario su una valva di pecten, una di quelle conchiglie capaci di saltare. Ecco perché ha raggiunto la superficie. Una Venere bellissima ma  sbilenca, con una spalla fuori posto: come la schiava, dopo tutte le violenze e le pressioni abissali che aveva subito.

Incontrarono delle tempeste. Il loro mondo tremò e scricchiolò, squassato da una forza superiore. Lei gli raccontò del Diluvio universale. Lui ormai la capiva perfettamente. Non c'era più differenza tra canto e discorso. Dentro l' Arca di Noè non entrava la luce, perché l'Arca era sigillata, per resistere alla fine del mondo.  Eppure Noè e i suoi ci vedevano. Alcune leggende dicono che l'Arca era piena di pietre preziose e cristalli che scintillavano. Una spiegazione meravigliosa (ora la cella in cui si trovavano non sembrava più orrenda) ma irrazionale. Lei gli spiegò che erano gli organismi luminescenti che avevano trovato la salvezza nell'Arca a rischiarare l'oscurità sigillata. Insetti notturni, misteriose creature dai grandi occhi, funghi. C'erano anche vasche, in cui nuotavano meduse brillanti e strisciavano conchiglie lucenti. Fu dalla descrizione precisa di una di queste conchiglie - un sontuoso gasteropode del Mediterraneo orientale - che Leonardo prese ispirazione per la scala elicoidale che realizzò in Francia.

Qua si interrompe di colpo la narrazione di Giovan Girolamo de' Rossi, forse perché morì scrivendo. Ma Filippo e quella donna parlarono ancora a lungo. Ci sono tempeste che sono tempeste ma non sono solo tempeste. E navigazioni che non hanno fine. Che un'eco dei loro discorsi possa arrivare fino a noi, e proseguire oltre, perché furono discorsi che li salvarono. Parlavano di una barca piena di vita in navigazione su un pianeta d’acqua. Se il Diluvio è universale vuol dire che riguarda anche noi.

Enzo Fileno Carabba


Enzo Fileno Carabba ha scritto romanzi pubblicati in Italia e all'estero, racconti,  sceneggiature radiofoniche, libri per bambini, libretti d'opera. Nel 1990 ha vinto il Premio Calvino col romanzo Jakob Pesciolini (Einaudi 1992), primo volume di una ideale trilogia fantastica che comprende: La regola del silenzio (Einaudi 1994) e La Foresta finale (Einaudi 1997).Viaggiando nell'immaginazione è approdato alla realtà: il lato oscuro e quello luminoso si fronteggiano nel romanzo Pessimi Segnali (Gallimard 2003, Marsilio 2004) e nella narrazione autobiografica La zia subacquea e altri abissi famigliari (Mondadori 2015). Tra le sue pubblicazioni segnaliamo  Con un poco di zucchero (Mondadori 2011) e Attila (Laterza 2000, Feltrinelli 2012). Nel  2017 è uscita una saga fantastica per ragazzi: Fuga da Magopoli e Battaglia a Magopoli, (Marcos y Marcos). Nell'ottobre 2019 Storie fantastiche di paura (Giunti), un libro che contiene anche racconti di Anna Maria Falchi e Marco Vichi. Si tratta di  storie liberamente tratte dalle ottocentesche Novelle della Nonna di Emma Perodi. Nel maggio 2021  Vite sognate del Vasari (Bompiani). Collabora al Corriere Fiorentino, testata per cui ha scritto, tra l'altro, cinquecento storie d'amore.

www.enzofilenocarabba.it

Enzo Fileno Carabba