Confini mobili
Sound artist toscano attivo da una trentina d'anni con lavori a suo nome o sotto il moniker di Kinetix, o come motore di progetti sonori quali Noise Trade Company, Limbo, Grey History, Metaform e Saint Luka. E sicuramente ho dimenticato qualcosa.
Parlare di Gianluca Becuzzi occuperebbe un libro dai molteplici capitoli e dalle pagine molto mobili. Forse più somigliante ad un prisma che ruota offrendoci, una dopo l'altra, facce diverse.
La regola assunta è quella di saltare i compartimenti fra gli stili per arrivare alla definizione di un proprio suono originale che di volta in volta sembra rispettare la complessità dei segnali che questo tempo ci manda.
Tratto costitutivo del lavoro di Becuzzi è la capacità di spostare continuamente il confine della propria ricerca.
Attraversa i territori di un industrial/dark-ambient cupo ma al tempo stesso quasi esoterico. Opera con una eleganza "nera" senza mai cadere nella banalità di schemi di genere fotocopiati.
Decompone il suono.
Uno sciamano, capace di evocare bagliori sulla roccia come mistiche spirali mantriche, stridori metallici, pulsazioni di un mondo isolazionista, voci ossessive/minimali/ipnotiche, percussioni rituali.
Qualche domanda e qualche risposta con Gianluca Becuzzi:
Cosa ti ha interessato o incuriosito tanto da spingerti a cominciare a lavorare con i suoni?
E' accaduto nei primi anni '80 a Firenze. Ero un giovane studente all'Accademia di Belle Arti. In quegli anni in città c'era un gran fermento musicale che mi appassionò fino al punto di spostare il mio interesse artistico dalla pittura alla musica. Nacque in quel momento il mio amore per i suoni. Da allora sono passati più di 30 anni nei quali non ho mai smesso di produrne.
Qual' è la differenza tra quando sei in studio, quindi quando registri qualcosa e quando devi suonare dal vivo?
Lo studio e il live sono due dimensioni tra loro diverse. La mia produzione musicale non si basa sul formato canzone e non risponde a quei criteri della pop music in base ai quali in concerto si deve suonare esattamente le composizioni presenti nei dischi pubblicati. Così, per me lo studio rappresenta la fase della scrittura e della sua registrazione, il concerto quella eminentemente dell'improvvisazione.
Come strutturi il progetto? La sequenza delle tracce segue un ordine particolare, c’è un pensiero unico che sta sotto, oppure altro?
Dietro ogni progetto c'è un pensiero, un'idea specifica alla quale dare forma. Il metodo che utilizzo, però, cambia di volta in volta. Credo che l'elemento che accomuna tutti i miei lavori degli ultimi anni risieda in una ricerca del confine estetico tra ciò che viene comunemente definito come suono e ciò che invece chiamiamo rumore. L'organizzazione di una costante dialettica tra questi elementi è al centro del mio operare.
Nel tuo lavoro è molto frequente la collaborazione con altri artisti. Cosa ne pensi?
E' vero, molti dei miei lavori sono sviluppati in collaborazione con altri artisti. Questo avviene essenzialmente perché credo nella crescita individuale attraverso la cooperazione e il confronto con gli altri. Penso di poter affermare che i risultati artistici mi diano ragione. Tutto qui.
Hai progetti futuri?
Sempre ... Adesso sto lavorando a due serie. Una riguarda la sound poetry, la lettura di poesia contemporanea in combinazione con composizioni sonore create appositamente. La seconda serie la sto testando dal vivo, si chiama "Voices" e consiste nel costruire strati sonori utilizzando unicamente la mia voce con un looper. Mai fermarsi, sempre tentare strade nuove, non aver paura di azzardare e spendersi.
Per ascoltare i lavori di Gianluca Becuzzi, ecco qua: