Lavoro
Quando si era trovato a scegliere l’Università, Tutte-le-Fortune non pensò molto al lavoro che poi avrebbe svolto nella sua vita di futuro lavoratore.
Non ci pensò per niente al futuro e sarebbe stato pure difficile indagare i recessi passati che quella decisione avevano generato, così da arrivare ad iscriversi in quella facoltà e non ad un’altra, a quella facoltà che lo intratteneva ancora all’epoca della biblioteca gemellare.
Lo ricordava bene, ciò che gli dissero quelli dell’università, alla presentazione dei corsi, in quei giorni di speranze e pienezza. Gli parlarono di lavoro; gli dissero che la sua facoltà predisponeva ad una certa serie di lavori che si accordavano con quello che là si sarebbe insegnato e che lui avrebbe studiato.
Fu chiaro fin da subito che le cose stavano altrimenti.
La civiltà era in crisi, il lavoro non c’era a prescindere da cosa tu avessi studiato, esclusa medicina. A ben vedere c’era lavoro per tutti, purché fossero lavori che, con gli studi specifici di Tutte-le-Fortune, non c’entrassero nulla, anzi che fossero qualcosa che quegli studi specifici avrebbero teso a negare e criticare. Si fosse iscritto ad una laurea da cameriere, probabilmente in quell’epoca della sua vita avrebbe lavorato come filosofo ufficiale di Stato, secondo tale principio di inversione e di negazione. Ma aveva scelto filosofia.