Cucciola di foca e squalo della Groenlandia

Matthew Licht fotografato da Carlo Zei

Matthew Licht fotografato da Carlo Zei

È sempre più facile trovare un po’ di calore, al Cerchio artico, ma ciò non è bene. Gli orsi polari stanno perdendo la loro piattaforma di caccia. Sono sempre più disperati.
Per certe altre bestie del nord, più buchi nel ghiaccio, e più grossi, dapprima sembrava un cambiamento positivo. 
Mamma Foca spuntò il muso, respirò senza far rumore, annusò la zona. Rischiò una sbirciata attorno. Nessun pericolo in vista. Sgusciò dall’acqua, non più fredda come una volta, perché voleva allattare la sua piccola al crepuscolo invernale.
Cucciola di Foca aveva ancora problemi a issarsi sul ghiaccio, ma una volta fuori, restava sempre estasiata. Luce, calore e intimità con Mamma Foca, cui latte sapeva sempre meno di pesce. Mamma Foca si lamentava che non c’erano sardine né molluschi, ma a Cucciola di Foca non importava.
Sembrava una fetta di paradiso anche a Mamma Foca. Dalla gioia materna, chiuse gli occhi neri un attimo di troppo.
Calore, in forma di un orso polare alla carica, infiammò il mondo.
Mamma Foca spinse Cucciola di Foca nell’acqua con un esperto colpo di coda.
Cucciola di Foca, che prima aveva la tettarella della mamma in bocca e tutta la sua calda pelliccia attorno, di colpo si ritrovò al buio, al freddo, al bagnato. L’istinto prese il sopravvento. L’istinto disse, sparisci, trova un nascondiglio e aspetta. Così fece, Cucciola di Foca. Non aveva scelta.
Il mondo si fece maledettamente silenzioso.
Dopo poco le bruciavano i polmoni. Doveva respirare. Seguì le sue bolle d’aria al soffitto di ghiaccio, trovò una crepa a misura di poppante, emise il muso per una rapida sorsata d’aria. Non poteva rischiare di dare un’occhiata in giro per Mamma Foca. Gli orsi polari questi trucchi da foca li sanno tutti.
“Mi ritroverà quando verrà il momento buono,” pensò Cucciola di Foca. In passato era sempre andata così, ma stavolta l’orso polare si era avvicinato di più. Era riuscito a nascondersi meglio, o a puzzare meno, o qualche cosa del genere.
Risommergendosi, Cucciola di Foca s’imbatté in qualcosa di grosso. Oppure qualcosa di grosso urtò lei. 
Scontrarsi con qualcosa di grosso di solito non significa nulla di buono, al Cerchio artico, ma Cucciola di Foca pensò, “Mamma,” benché la cosa che l’aveva urtata sembrasse parecchio più grande, più fredda e vuota di latte.
Cucciola di Foca girò la testina e vide la cosa vivente più scura fredda e morta del mondo.
Lo Squalo della Groenlandia era lungo sette metri, grigioverde, tetro, praticamente sdentato e quasi cieco. Si muoveva come un incubo senza fine.
Malgrado Cucciola di Foca sapesse istintivamente che era meglio stare zitta, disse, “Non uccidermi, ti prego. Ho appena iniziato a vivere.”
Lo Squalo della Groenlandia le si avvicinò piano piano. “Non ti preoccupare, pupa,” disse. Aveva la voce stranamente rassicurante. “Mangio solo roba già morta.”
Cucciola di Foca sapeva della morte, ma che ci si potesse nutrire di cose morte era una novità. Gli orsi polari mangiano le carogne, se devono, ma non aveva mai osservato questo loro comportamento sempre più frequente. Anche gli Squali della Groenlandia erano un concetto nuovo. Cucciola di Foca non sapeva molto di squali, foche leopardo, orche o altre naturali macchine per uccidere, a parte gli orsi polari.
Lo Squalo della Groenlandia venne inesorabilmente avanti finché non coprì quel poco di luce che filtrava attraverso il ghiaccio. Ci mise un’eternità. Cucciola di Foca aveva finito l’ossigeno. Tra lei e il buco dell’aria era tutto squalo, ma doveva per forza rischiare.
Nuotò vicino alle fauci spalancate dello Squalo della Groenlandia.
“Ehilà, piccolo missile,” disse lui.
Cucciola di Foca inalò e si guardò rapidamente attorno. Nessuna traccia di Mamma Foca, solo uno spruzzo rosso sulla neve, ma poteva essere il riflesso del lungo tramonto artico. Tornò giù.
“Ehi come hai fatto a diventare così grosso,” chiese allo Squalo della Groenlandia. “Sicuramente sei la cosa più spaventosa della zona. Secondo me spaventi pure gli orsi polari.”
“Carogna di orso polare non è malaccio.”
Cucciola di Foca non aveva ancora concepito gli orsi polari come esseri mortali. I mostri della neve erano dèi che si nutrivano di sangue e carne dilaniata. Guardò trepidante negli occhi opachi dello Squalo della Groenlandia. Sembrava impossibile che ci fosse qualcosa di vivo dietro quei buchi neri nella notte artica che arrivava. “Non riesci a vedermi, vero?”
“Sei solo una piccola rapida ombra bianca,” rispose calmo lo Squalo della Groenlandia. “Però ti sento. Voi piccoli profumate. Avete un odore dolce come la vita stessa, immagino.”
“Tu sei mai stato piccolo?” Cucciola di Foca non riusciva a immaginarselo.
“Suppongo di sì, ma sarà stato tanto tempo fa. Credo di avere oltre duecento anni.”
Sembrava un’eternità, a Cucciola di Foca. “Wow,” disse lei. “Qual’è il tuo segreto?”
“Non ne ho idea,” disse lo Squalo della Groenlandia. “Non ho mai visto un albero, ma sento che tutti gli alberi del mondo siano miei fratelli. Forse il segreto di una lunga vita è di muoversi piano, come loro.”
“Per me non funzionerebbe,” disse Cucciola di Foca. “Devo essere più svelta degli orsi polari. Anche i loro cuccioli carini vogliono uccidermi, perché così imparano a sopravvivere. E ho sentito di altri mostri a due gambe che mi vorrebbero ammazzare per la pelliccia, e sarebbero ancora più veloci.”
“Così va la vita, bamboccia mia.”
“Come fai a mangiare, senza denti?”
“Oh qualche dente ce l’ho. Sono minuscoli perché li uso poco. Succhio, piccola. Non posso dire che la roba che ciuccio abbia un buon sapore, perché non ho mai gustato altro, ma continuerò comunque a succhiare.”
Cucciola di Foca pensò alla tettarella di Mamma Foca e al latte dolce e pescioso che ne fluiva. Ebbe voglia di guaire. Invece chiese, “Tu hai dei piccoli?”
Le passò per la testa una brutta immagine: Mamma Squalo della Groenlandia che allattava i suoi pesciolini nati morti col sangue cadaverico di una carogna di orso polare. Il mondo sopra il ghiaccio era buio. Lo Squalo della Groenlandia strisciava sempre avanti nell’acqua gelida.
“Sai, non credo,” disse lo Squalo della Groenlandia. “Incrociai una volta una femmina della mia specie, forse cent’anni fa. Puzzava da farmi perdere la testa. Ma la vita prosegue, avevo altro da fare. Non rimasi con lei.”
Cucciola di Foca era sicura di avere un Papà Foca, da qualche parte. Mamma Foca non ne parlava.
“Ma ti dirò,” disse lo Squalo della Groenlandia, “che se trovo dei piccoli squali della Groenlandia nel mio territorio, li scaccerò. E se ne trovo di morti, li mangerò.”
Cucciola di Foca doveva respirare. Doveva trovare la madre, o essere ritrovata da lei. Nuotò di nuovo vicino allo Squalo della Groenlandia. Non ci poteva credere nemmeno lei quando disse, “Addio, mamma.”
“Ciao, bambina,” disse lo Squalo della Groenlandia, e strizzò l’occhio cieco, freddo e morto. “Ci rivedremo. Di là c’è un essere morto di fresco, devo andare a indagare.”
La sua coda falciforme sventolò lentamente nel buio e scomparve.

Matthew Licht


Matthew Licht scrive racconti per ragazzi adolescenti da quando si offrì volontario per alfabetizzare ragazzi problematici nelle scuole pubbliche di New York. Scrivere racconti, e sentirseli leggere, era un modo per confrontare la realtà. Più recentemente, lo scrittore ha lavorato con gruppi di ragazzi delle scuole medie, a Rignano sull’Arno e Bagno a Ripoli, per produrre due libri: Sembra facile/Nessuna Pietà, e Attenzione cacca dappertutto! A mettere insieme il progetto è stata Serena Botti, bibliotecaria e ora editrice di BookInMotion.

Matthew Licht