Scimmie della mia vita

fotografia di Silvia Noferi

fotografia di Silvia Noferi

Avevo un avo esploratore. Difficile da credere, ma è così. Mia nonna conservava delle lettere, una specie di diario, in cui quest'uomo raccontava la sua vita in Congo e dintorni e forniva la traduzione in congolese di frasi utili di uso quotidiano. Una frase che mi ricordo era: “Hai picchiato tua moglie oggi?”
Per non so quali ragioni, quest'uomo prima di lanciarsi nelle esplorazioni africane aveva conosciuto solo l'appennino tosco emiliano. Questo conferiva a tutte le sue frasi una prospettiva particolare. Una prospettiva appenninico-africana.
Quando mia nonna era bambina l'esploratore le mandò una scimmia in regalo.  Il paesino in cui viveva la nonna era gelido d'inverno. A quanto si racconta dovevano deviare il corso di un fiume per togliere la neve dalla piazza principale, in certe stagioni.
La scimmia soffriva il freddo e inseguiva il gatto per tutta la casa. Lo catturava e, abbracciata al felino, si piazzava davanti al fuoco. La  scimmia però aveva anche una sua vita sociale: usciva. La gente dopo la curiosità iniziale prese a farle degli scherzi: le offrivano sassi avvolti nella carta delle caramelle. La scimmia, appollaiata sulle sbarre dei portici, tirava escrementi ai paesani. Aveva una mira eccellente. In breve la situazione divenne insostenibile e la scimmia fu spedita altrove. Mia nonna, ormai vecchia,  provava ancora una certa commozione nel raccontare l'addio alla scimmia. 

Portai il diario dell'avo esploratore all'archivio diaristico nazionale. La prospettiva appenninico africana mi sembrava interessante.  Dato che la nonna non volle separarsi dall'originale portai le fotocopie. La prospettiva era talmente autentica che credettero fosse un falso. Dopo la morte della nonna l'originale è sparito. Non però la mia passione per le scimmie. Una passione astratta, dato che non ho mai avuto una scimmia. Possedevo tuttavia uno zaino con  appesa una scimmietta arancione di nome Gino. Un giorno persi Gino sull'Alpe di Catenaia, non molto lontano dal paesino di mia nonna. Mi piace pensare che la scimmia dell'avo e Gino si siano incontrate nei boschi e vaghino insieme. Spero anche che Gino sia cresciuto perché era alto soli pochi centimetri e questo può essere uno svantaggio, soprattutto se sei arancione e dunque molto visibile.

C'è stata una terza scimmia nella mia vita. Ho partecipato a una battuta di caccia al cinghiale come osservatore, per curiosità. Il modo migliore per essere impallettonato. C'erano dei tipi detti “gli zoppi”. Il capocaccia diceva “Due zoppi di là, tre di là”. Un vecchietto disse: “Ci saremmo  anche noi altri, altri tre zoppi”. Era fiero di appartenere al novero degli zoppi. Pensai ne fosse il leader. 
Gli zoppi si dividevano in due categorie: gli zoppi permanenti e  quelli momentanei, zoppi cioè per un qualche infortunio recuperabile.
Il leader era talmente zoppo che stava appoggiato a un albero e poteva sparare solo da un lato, non ce la faceva a girarsi. Ma pare che da quel lato fosse infallibile.
Poi la caccia ebbe inizio e tutto fu memorabile. Io ero alle poste. Il cinghiale era invisibile ma quando passava c'era come un fremito nel bosco.
A un certo punto il leader degli zoppi urlò:
“La scimmia abbaia a fermo”.
La frase mi colpì. C'era dunque una scimmia addestrata per la caccia? Una scimmia che per di più abbaiava.
Io lo sapevo che non poteva essere la scimmia di mia nonna. E neanche Gino cresciuto. Quelli erano solo sogni. Però poteva essere un discendente della scimmia della nonna, quello sì. Quale altra scimmia – se non un discendente – avrebbe potuto  muoversi con disinvoltura nei nostri boschi e  cacciare il cinghiale?
Venne fuori che era un cane chiamato “la scimmia”, per via della sua somiglianza con un primate peloso. Un cane leggendario, dotato di capacità inaudite, mai viste in altri cani.
E io penso che davvero in quel cane ci fossero i geni della scimmia dell'avo. Quel cane era il risultato di qualche lontano incrocio. 
La scimmia abbaiò  ancora e dal bosco,  nonostante fosse inverno, si levarono così tanti uccelli da non crederci, una specie di onda che puntò diritta verso il cielo. A quanto ne so, le prime scimmie erano angeli.

fotografia di Silvia Noferi

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Enzo Fileno Carabba