La controra

Fotografia di Costanza De Rogatis

Non era mica scema la bambina. I genitori d’estate la lasciavano alla nonna materna. Questa era una vecchia minuta, avvolta in uno scialle nero anche sotto il sole di ferragosto. Parlava solo in siciliano stretto. La figlia la capiva, ma non era in grado di replicare quella specie di creolo. Il genero non aveva mai avuto idea di cosa dicesse. Ma quando chiedeva alla bambina se capisse la nonna, questa sorrideva e annuiva scuotendo i riccioli neri. Tanto bastava. La bambina era contenta di stare con la nonna. Non dava problemi, era tranquilla ed educata. Rimaneva per ore assorta a disegnare cani e dinosauri, a colorare album, china sulla tavola dell’appartamento bianco che i suoi genitori avevano comperato alla nonna, dopo che questa era rimasta vedova e avevano venduto la vecchia casa colonica. Un appartamento bianco, vicino al mare, dove le persiane abbassate tagliavano la penombra con raggi di luce. L’unico problema era il sonnellino pomeridiano. La bambina non aveva assolutamente intenzione di dormire. Non aveva mai sonno di pomeriggio, e nonostante fosse quasi del tutto aliena da capricci e pianti, era testarda come un mulo. Scuoteva la testa nera, sorrideva serafica, e tornava a disegnare cani. Allora la vecchia frugava in un cassetto, infrattava qualcosa sotto lo scialle nero e se ne spariva nella sua stanza. Poi tornava coperta da un lenzuolaccio bianco con i buchi per gli occhi, brandendo un coltello da cucina. Sono la Controra, diceva nella sua lingua sepolta, e mi mangio le bambine che non vogliono fare la pennichella. La bambina non era scema, e si era accorta da subito che la Controra aveva la stessa voce della nonna. Però scappava in camera, e faceva un po’ finta di dormire, e dopo un po’ leggeva un fumetto. La nonna riappariva poco dopo, e le sorrideva soddisfatta. La nonna è un po’ matta, diceva ai genitori la bambina, agitando l’indice intorno alla tempia, e ridendo. Poi, un giorno, la Controra smise di parlare. Se ne stava sulla soglia della porta d’ingresso, con alle spalle la luce del giorno, zitta. Sembrava pure più alta. La bambina non fece una piega. Tornò a chinarsi sui suoi cani e riprese a colorare. Quando dopo un po’ rialzò la testa, la Controra era sempre sulla soglia, ma la porta era socchiusa. E, sempre senza parlare, indicò alla bambina la stanza da letto. Alzò il braccio e indicò, con la mano coperta dal lenzuolo. Alla bambina ronzò in testa qualcosa, ma lo sapeva, la nonna era strana, e andava assecondata. Tirò indietro la sedia e si avviò verso la stanza da letto. Strano, la porta era chiusa. Abbassò la maniglia ed entrò. La nonna era distesa sul letto, con gli occhi sbarrati, senza dentiera, in una pozza purpurea e umidiccia. Nella specchiera accanto al letto, la bambina vide la Controra sulla soglia della camera, con il coltello in mano.

Filippo Rigli

Filippo Rigli