"THE STRANGERS"
In fondo, è la solita storia, quella del gatto che caccia il topo. Perchè tutto sta nel sottile rapporto tra il predatore e la preda.
"The Strangers", del 2008, diretto dall'esordiente Bryan Bertino, rientra perfettamente nell'idea del cinema fatto di prede e predatori. Uno “slasher” fatto come tradizione insegna, dove c'è da una parte, la vittima da sacrificare, e dall'altra il carnefice (anzi i carnefici, anche se il numero cambia, la somma resta invariata). Topi e gatti, come scritto, in fondo, “The Strangers” s può riassumere così. E' un gioco che ormai conosciamo bene, noi amanti di un certo cinema, visto che, già dall'incipit, sappiamo che tanto, tutto andrà come deve andare, quindi andrà male, malissimo.
Allora, mi chiedo, cosa mai potrei scrivere, perchè tutta questa attenzione per l'ennesimo “slasherone” fatto e servito per accontentare la richiesta? Lo confesso, confesso i miei peccati: ho un particolare debole per questo film. E' uno di quelli che dico, con onestà intellettuale, sì, “mi piace”. Chi mi onosce, sa he sono molto esigente, critico. Malgrado sia la solita storia, nel senso che è una trama che già conosciamo e su cui tanto cinema ha costruito film ed opere, merita di essere visto. Quindi, cosa ha di speciale, perchè tutto questo rumore? La risposta è semplice, perchè è un film fatto bene, anzi dannatamente bene, è questo non è così scontato come parrebbe. Anche se la struttura segue percorsi conosciuti (spoilerando, si arriverà alla “final girl” di turno, perchè così deve essere, sapendo che, in genere, la sfida finale vede sempre una ragazza, la sopravvissuta, ed il mostro), ci riserva sorprese. Brian Bertino è riuscito nell'impresa di lavorare dentro gli schemi tipici dello “slasher movie”, ma riuscendo a costruire una storia capace di farci venire (davvero) la pelle d'oca. Difatti “The Strangers” ci cattura, perchè mette a nudo la nostra sana e sacrosanta paura. Già, la nostra paura, la paura di sentire squillare il campanello in piena notte, di esser spiati dalle finestre, tutte cose conosciute, note, ma Bertino sovverte le regole giocando d’attacco, e costruendo una storia piena di pathos. Un film dell’horror deve necessariamente lavorare sulla paura ed inquietarci, facendoci riflettere su di essa, perchè la paura ci spoglia di tutto e renderci vulnerabili di fronte agli eventi più nefasti. “Percuotere”, “essere percorsi”, nell'etimologia del termine, “avere paura”, essere percossi dalla paura, quindi, tornando al film, le nostre paure ataviche, che ci percuote, appunto, nel pieno della notte, quando le nostre difese sono abbassate, quando il buio tira fori i nostri fantasmi personali, ed ecco, quindi, l'apparizione di tre oscure presenze “mascherate”, che, giunte da chissà quale lido infernale, sono pronte, armate e con le peggiori intenzioni, ad esprimersi in tutta la loro fiera crudeltà. A farne le spese, le vittime prescelte, una giovane coppia di fidanzati, Kristen (una sempre bellissima Liv Tyler) e James (Scott Speedman), durante una serata trascorsa nella casa delle vacanze di lui, di ritorno da un matrimonio di un loro amico. Nel pieno della notte, la loro intimità è bruscamente interrotta, prima da uno scampanellio alla porta, molesto e già carico di inquietanti “presagi”, poi dall'arrivo di queste presenze, due donne ed un uomo, la cui identità come detto è nascosta da maschere “d'ordinanza”...
Qui si entra di diritto nell'iconografia del “Mostro” sotto mentite spoglie, che si manifesta attraverso il “mascheramento”: se la paura ci mette a nudo (metaforicamente) ecco che il Mostro, invece, si sveste “mascherandosi”. Un tema su cui dibatto spesso, motivo dei saggi su “cinefila randagia”, perchè sappiamo della grande tradizione cinematografica di mostri ed orchi la cui identità è celata da maschere e camiffamenti, e del valore tutto questo assume per la loro presenza scenica, di morte e mattanza. Allegorie a parte, la maschera ne conferisce un alone teatrale, conturbante, terribile, visto che non sappiamo (e non vogliamo sapere) chi si nasconde sotto di essa. Chi sono mai questi tre individui? due donne e un uomo, almeno all’apparenza, e perchè mai sfoderare tutta questa rabbia e violenza nei confronti di questa giovane coppia? Dietro la maschera si potrebbe nascondere qualsiasi persona, la mschera è a suo modo democratica, quindi tutti noi possiamo celarsi dietro ad essa. E interessante, Bertino, partendo da tutta una serie di celebri mostri mascherati (protagonisti dei classici del genere, come il Michal Myers di “Halloween”, Jason della serie “Venerdì 13”, o Leatherface di “Non aprite quella porta”), ci pone ancora, una riflessione su di essa, riuscendo nell’impresa. Quindi, riflettere sulla paura attraverso la messa in opera di tre superbi "mascherati”, che, senza apparenti motivi, senza motivazioni, andranno a sovvertire la normale esistenza di una coppia (in crisi, il regista gioca anche su questo piano), e dopo un iniziale resistenza da parte di Kristin e James, riescono a varcare le soglie della casa. L'azione si consuma tutta in una notte, che il regista dilata cinematograficamente con sapienza di tempi giusti ed attese, una lunga, interminabile notte, mostrandoci così, questa giovane coppia, persa dentro questo incubo, ma pronti con le unghie e con i denti a sopravvivere dalle grinfie di questi sociopatici.
Certo, come scritto, siamo sempre dentro la storia della preda braccata, del gatto che si diverte a terrorizzare il topo. Bertino è un regista che però sa come lavorare dentro i canoni, di chi ha imparato le regole del fare cinema, sapendole però valorizzare, perchè il gioco sta tutto nel saper muovere i fili della tensione che regge l'impalcatura del film, e possiede il talento di non limitarsi al compitino ben fatto. Colpisce, ad esempio, l'atmosfera (notevole la fotografia di Peter Sova, giocata su tonalità ocra/rossastre), esaltata da efficaci movimenti di camera, e da un montaggio che esalta la tensione, in un crescendo. Certo, niente di nuovo sotto i ponti, ma quando ci troviamo davanti ad un horror così ben fatto, ecco che il prodotto si erge dalla massa, a differenza di tanti horror sfornati dall'industria cinematografica negli ultimi anni, che dopo pochi “jumscare”, stancano ed annoiano. "The strangers" ha il pregio di crescere di minuto e minuto, tra prede braccate, impaurite e confuse e cacciatori, come dire, “fuori di testa”. Così, concludendo, volevo rimarcare ancora sul discorso di questi “villain”, che altro non sono che stupratori di abitazioni private e dei loro inquilini: non sappiamo chi siano (come scritto, la loro identità è violata da maschere che ne conferiscono un'aurea quasi sovrannaturale: sono apparsi dal nulla come fossero – e forse lo sono - demoni sbucati dall'inferno), non manifestano nessuna motivazione. Non cercano soldi, non sono spinti da vendette, vogliono solo prede per violentarle. La violenza gratuita, futile, estrema, narcisisticamente fatta per adulare le proprio ego malato, l'Arancia Meccanica di Alex e dei suoi Drughi, perchè, come ci ha insegnato il capolavoro Kubrickiano, non c'è nessuna idea o ideologismo, è solo violenza che risponde alla fottuta violenza. In fondo, questi tre camuffati fanno tutto questo scempio, visto che "è la prima casa che hanno trovato"…
Bertino ha donato a tutti noi cinefili un film che a ben diritto lo possiamo inserire fra i migliori horror degli ultimi anni: non un capolavoro che cambia le regole del gioco, ma un onesto e piacevole prodotto, capace di rimarcare ancora sulla sacrosanta importanza della “paura” nella nostra quotidianità di uomini fragili e frastornati, e di come la paura va sempre esorcizzata con la paura stessa (in senso cinematografico).
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