Un incessante divenire

Musicista, improvvisatore e compositore di musica elettronica Devid Ciampalini eplora territori compresi fra musica concreta e musica cosmica. E proprio fra questi due poli che si sviluppa la sua ricerca. Il centro del suo lavoro é la creazione di connessioni e, forse maggiormente, la creazione di materializzazioni.

Musica quindi non soltanto come suono ma sopratutto come sensore di una dimensione ultraterrena, invisibile ma presente. Intreccio di flussi sonori che materializzano scenari immaginifici. Specchio ribaltato nel quale le profondità del cosmo sono il complementare armonico di quelle dell'animo umano. Paesaggi sonori stratificati derivati da viaggi nei quali la partenza è certa ma l'arrivo non è mai definito. Una caleidoscopica esplorazione ricercando invisibili ma possibili connessioni.

In ragione della forte unità progettuale che il lavoro di Ciampalini presenta non è secondario o iper-tecnico parlare degli strumenti che adopera in questo processo dal sapore alchemico. Mai come in questo caso infatti sembrano essere parte integrante del processo costituendone la sua diretta materializzazione. Idea e strumento formano un tutt'uno organico indivisibile.

Strumenti analogici vintage, sintetizzatori, registratori a nastro, semplici effetti sono utilizzati per dar vita a quel diverso livello di percezione e diverso suono, quasi immaginario.

Improvvisazioni al sintetizzatore e registrazioni sul campo sono registrate su nastro. Successivamente tagliate in porzioni sono mixate insieme in modo casuale, ottenendo un nuovo collage sonoro. Questo collage viene poi utilizzato come sequenza casuale con la quale interagire improvvisandoci sul momento.

Tu appartieni ad un gruppo di autori che sta lavorando molto sul fronte della musica di ricerca. Sia definendo un quadro teorico/tematico di riferimento/ispirazione sia tracciando una metodologia creativa per un suono non convenzionale.

Cosa (o chi) ti ha interessato/incuriosito tanto da spingerti a cominciare a lavorare con i suoni?

Da quando hai iniziato la tua attività cosa è cambiato? Quali ti sembrano gli esempi sonori che hanno cambiato lo scenario?

Da sempre la musica è stata per me un richiamo ancestrale, un flusso continuo che mi ha spinto verso territori remoti lontani dalle mode e dal mainstream.

Non c’è stato un evento particolare che abbia stravolto il mio modo di ascoltare, ma piuttosto un’instancabile mutazione, un continuo scavo e contaminazione. Rifiuto la prigione di uno stile ma amo sottrarre frammenti di realtà sonora da ogni esperienza, trasformandoli in qualcosa di personale e inafferrabile.

Entriamo adesso nell'"officina sonora".

Da dove vengono i suoni dei tuoi lavori?

Qual’ è il tuo rapporto fra analogicio e elettronico? E tra composizione e improvvisazione?

I suoni sono creature sfuggenti ma onnipresenti, ho la sensazione di essere un nomade tra strumenti, comprando e vendendo attrezzature come si scambiano reliquie. La mia musica vive di contrasti, tra il rigore elettronico e il caos organico dei field recordings.

Prima l’idea germoglia spontanea e solo dopo trova il suo suono, magari pescando da un archivio di registrazioni che porto come un bagaglio esoterico, oppure improvvisato al momento. L’improvvisazione è quasi un rituale un atto di sottomissione al caso, al dialogo con l’ignoto, un incontro tra me, la macchina e l’imprevedibile. Parlo spesso di fenomenologia del suono perché ogni singola vibrazione è un universo parallelo che sfugge a ogni definizione.

La collaborazione con altri musicisti e la creazione di ibridazioni fra generi sembrano essere oggi le caratteristiche principali della musica di ricerca.

Con quale modalità affronti la collaborazione con altri artisti?

Trovi una differenza fra il tuo modo di fare suoni da solo o nelle collaborazioni con altri musicisti?

Cosa pensi della collaborazione fra musicisti? E' difficile trovare una reale interazione o si è destinati a dar vita ad una semplice somma di individualità?

Scelgo le persone con cui collaborare in base alle vibrazioni che mi trasmettono e non ho un criterio fisso, ma se in quel momento le stelle sono allineate, siamo nel posto giusto e ci troviamo bene insieme, allora nasce una collaborazione. Purtroppo, con i ritmi di vita che abbiamo, non è sempre possibile, anche se mi piacerebbe farlo più spesso.

Credo che il bello del suonare insieme sia proprio liberarsi della propria individualità e andare oltre il risultato. Se ci concentriamo troppo sul risultato finale, rischiamo di restare delusi, perché ciò che abbiamo in mente non sarà mai identico a ciò che immaginano gli altri. Il bello sta nel lasciare andare il proprio ego in cambio dì qualcosa di fresco, che non sarebbe mai nato dalla semplice somma di identità separate. Suonare in gruppo è una forma di musica liberatoria, mentre suonare da soli è spesso più concettuale e riflessivo.

Cerchio di ascolto e Toscana isolazionista sono solo due dei tanti progetti che portano la tua firma. Una rassegna in uno spazio assolutamente unico il primo, una raccolta di sperimentatori "a filiera corta" il secondo.

Come operi la scelta degli autori da invitare al progetto? Ti muovi lungo una linea definita/unica oppure ricerchi una molteplicità di sguardi?

La pandemia, le dirette su Internet, le tecnologie digitali hanno imposto forti cambiamenti. Qual è a tuo parere, il futuro della musica dal vivo?

La scelta dei luoghi dove suonare o organizzare un evento è casuale oppure il luogo esercita un fattore attrattivo/evocativo?

Quando curo una rassegna o un evento, il mio criterio guida è la trasversalità. Cerco di coinvolgere persone non sempre visibili nei soliti circuiti, includendo anche artisti locali o figure che difficilmente si potrebbero ascoltare dal vivo in altri contesti. Lo sguardo che cerco è sempre esterno, ma voglio comunque imprimere una mia visione, una mia interpretazione personale di evento musicale o “gathering”.

Il luogo per me è fondamentale. Ogni evento è un’esperienza a sé, che sia in natura/zone industriali, in un tempio massonico o come nell’ultimo caso in un borgo remoto di 70 abitanti come Trassilico, in Garfagnana. La scelta non è mai casuale ma cerco di costruire una mia personale geografia che sia una sorta di mappa del mio percorso artistico, con punti di riferimento che riflettono il mio linguaggio e la mia visione. Cerco dì creare degli incontri autentici tra mondi differenti, un’incursione che sconvolge la consuetudine in un crocevia di energie sotterranee.

Chiudiamo con un paio di link per un migliore approfondimento:

https://www.devidciampalini.it/

https://ambientnoisesession.bandcamp.com/


DANIELE CIULLINI