Gli hotel dalle insegne che gridano (per K.K.)
Le autostrade danneggiano la vita dei paesini. Le autostrade brutalmente massacrano, mutilano e smembrano i piccoli hotel.
Sono architetto, specializzato nel settore dell'ospitalità professionale. Di solito mi occupo di ristrutturazioni.
La sindaca di un villaggio in collina tra L’Emilia Romagna e la Toscana mi chiamò per chiedere aiuto. Usava un tono tra l'amichevole e il disperato, una combinazione avvincente.
"Una volta arrivavano corriere cariche di pellegrini, persone anziane che sfuggivano al caldo afoso e l'inquinamento delle città. E anche camionisti. Ora non viene più nessuno. Le macchine sfrecciano vicine a delle velocità assurde e ne prendiamo solo il frastuono, che ci turba il sonno."
"E quindi volete che vi costruisca un hotel?"
Sospirò. "Abbiamo un hotel. Era la nostra principale attrazione. L'Excelsior vantava di un ristorante, un bar, una sala da ballo e da conferenze, persino un casinò. L'autostrada l'ha ucciso."
"Perché? Qual è il movente?"
"E ciò che vorrei tu scoprissi, e se possibile rimediassi."
Perché mi hai ucciso?
Guidai per le sinuose stradine della campagna. Le colline erano belle, ma anche un cimitero di hotel grandi e piccoli. Se si potessero riportare a vita sarebbe un bel giro d'affari. Più redditizio di un'autostrada?
Le insegne spente degli hotel fissavano le stradine deserte. Le finestre dalle tapparelle chiuse ridevano. Uno di questi alberghi fece cenno di avvicinarmi. Il parcheggio era cosparso di preservativi usati e crostose siringhe. Le porte basculanti non basculavano più, legate da una catena arrugginita e un lucchetto ancora più arruginito. Sbirciai dentro. La hall era stata colonizzata da nubi di polvere.
Da dietro la cortina al banco della reception emerse una truce risata. Non volevo più stare nel parcheggio del vecchio hotel.
Da dentro si sentì un urlo del silenzio.
La sindaca del paesino defunto aveva organizzato un informale aperitivo al bordo della piscina svuotata dell'Excelsior. I tubi di plastica delle sedie si erano ammolliti, il prosecco era poco frizzante.
"La velocità uccide," disse, facendo eco a uno slogan anti droga di altri tempi. Il problema era chiaro, ma le soluzioni erano ambigue. "Bisognerebbe rendere appetibile la lentezza."
Sindaca di un paesino fantasma, ma pur sempre una sindaca.
La sindaca ci pensò su. Accese una Nazionali senza filtro e abbassò gli occhiali da sole. Tanto il sole era tramontato da un pezzo. Guardò intorno alla desertica piazzetta centrale. "Cosa ci potrebbe essere di più lento?"
L'ultima volta che ero stato a Milano, il cliente mi aveva sistemato in un armadio a cinque stelle, simbolo di efficienza e velocità, e un affronto alla più basilare dignità umana. "Vorrei che Lei mi mostrasse una delle camere di sopra."
Aveva in borsa la chiave universale. La tirò fuori. "Non entrò là dentro da molto tempo."
***
Screaming Dead Hotel Signs (For K.K.)
Highways are bad news for small towns. Highways brutally massacre, mutilate and dismember small hotels.
I'm an architect, specialized in professional hospitality. Renovations, mostly. Things'd been slow.
The mayor of a village in the hills between Emilia Romagna and Tuscany called to ask for help. She sounded friendly, and desperate: a winning combination.
"We used to get busloads of pilgrims," she said, "and old people who needed to escape the heat and polluted air of the cities. There were truck drivers, too. Now, no one comes. The cars go by at top speed, only a few hundred meters away, but all we get is the noise, which disturbs our sleep."
"So, you want me to build a hotel?"
She sighed. "We have a hotel. It was our main attraction. The old Excelsior featured a restaurant, a bar, a ballroom/conference center, even a casino. The autostrada murdered it."
"Why? What's the motive?"
"That's what I want you to find out, and if possible, fix."
Why did you kill me?
The winding backroads were poorly maintained. The lovely landscape had been turned into a graveyard of hotels small and large. Get 'um going again, and the biz would be big. Bigger than a highway?
The unlit Hotel signs stared. The closed hotel windows laughed.
One of the defunct hostelries seemed to beckon. The parking lot was strewn with spent condoms and crusted syringes. The swinging door was held shut by a rusty chain and even rustier padlock. That door would swing no more. I peered in. The lobby had been settled by a herd of dust-bunnies as big as goats.
Someone in a hallway behind the ruined reception desk laughed, grimly. The dead hotel wasn't the place to be, just then.
From inside, a silent scream.
The dead small town's mayor had organzied an informal aperitivo beside the Excelsior's empty rooftop swimming pool. The chairs' elastic tubes had begun to sag, the prosecco had gone a trifle flat.
"Speed kills," I said, in echo of an anti-drug slogan from another era. The problem was clear, the solutions on offer ambiguously implied. "But slowness is hard to sell."
The mayor considered this. She lit a non-filter Nazionali, lowered her sunglasses. She looked down into her deserted town's tiny central piazza. "What could be slower than this?"
The last time I'd been in Milan, the client had put me up in a Five Star closet, a symbol of velocity, convenience, and an insult to basic human dignity. "Show me one of the rooms."
She had a pass-key in her purse. She pulled it out. "It's been a long time."
Mayor of a ghost town, but a mayor nonetheless.