La zia per la stanza

In esclusiva per la Stanza 251, Enzo Fileno Carabba presenta il suo nuovo libro "La zia subacquea e altri abissi famigliari" Mondadori, 2015.

Enzo Fileno Carabba  (fotografia di Carlo Zei)

Ho sognato per molti anni di seguito. Mi sembrava una buona idea. Scrivevo storie che, ammesso che ciò sia possibile, nascevano dalla mia fantasia.  Ho quindi visitato il mondo di sotto, che si è rivelato acquatico. Non me ne rendevo conto, ma ora so che sognando intensamente ho esercitato una forza, questa pressione idraulica ha sfondato una parete e toh... mi sono ritrovato tra i miei ricordi. Anche loro erano acquatici, soprattutto i primi. Per un po' sono rimasto sul confine, tra i sogni e i ricordi. Che posto! Ero meravigliato, quasi preoccupato. Poi mi sono reso conto che in verità non ricordavo molto. E allora cosa c'era veramente oltre la parete che avevo sfondato? Sono passato dall'altra parte, sono andato a vedere. C'erano alcuni ricordi, non troppi, ma quei pochi erano animati da una volontà allarmante, infatti insistevano a seguirmi. Avevo paura di fare qualche brutto incontro. Mi hanno rassicurato. Erano dei messaggeri. Desideravano parlarmi, in cambio dovevo offrigli un certo tatto narrativo: avevano bisogno di divertimento, anche in presenza di situazioni difficili.  “Noi vogliamo sistemare le cose” hanno detto. “In che modo” ho chiesto. “Seguici e lo saprai”. Allora li ho seguiti. La zia subacquea è il resoconto di questo viaggio.

Può anche darsi che dalla breccia nella parete alcuni sogni siano defluiti tra i ricordi. Non cerchiamo il sogno nell'uovo! Per me la cosa che conta è l'intensità del sentimento che mi lega a queste visioni e alle persone che ne fanno parte, il fatto che siano per me episodi di rivitalizzante importanza. Così fiammeggianti che all'inizio mi sembrava contenessero qualcosa di sovrannaturale. Ora non lo so. Non importa. Questa idea dei poteri sovrannaturali può anche essere un'esagerazione. Resta l'emozione di cui sono portatori.

Non so secapisco quello che dico, come affermò un mio amico. Allora ecco il prologo che poi è stato eliminato dal libro:

Il prologo scomparso

Questa non è la mia storia, è la storia dei miei poteri. A un certo punto, abbastanza presto, mi sono accorto di avere delle facoltà e ho ritenuto che fossero particolari. A differenza di quanto avevo appreso nei libri e nei film, tuttavia, le loro manifestazioni erano delicate, quasi sempre invisibili. Prodigi che richiedevano attenzione fantastica e spingevano verso il disadattamento.

Ciò non toglie che fossero determinati da sconosciute forze cosmiche con cui ero spesso in contatto. Le forze cosmiche si esprimono con delicatezza, per questo, in un mondo di forze meschine e strepitanti, restano sconosciute e tutto procede contro natura.

Certo non capivo molto di quanto mi accadeva. All'epoca dovevo ancora imparare tutto, ma non lo sapevo. Oggi l'esistenza di un rapporto tra poteri sovrannaturali e disagio mentale mi appare indiscutibile. Bisogna vedere come questo si lega con la ricerca della felicità.

Ultimamente mi sono ricordato parecchi episodi riguardanti l'argomento e mi sono chiesto cosa volessero questi ricordi da me. Infatti qualcosa volevano, come tutti.

Enzo Fileno Carabba

 

Ed ecco un estratto dal libro:

Un’altra vita

L’infanzia è bella dopo: quando ci ripensi.

Un po’ come quelle persone che sono apprezzate in quanto morte.

Per quanto mi riguarda, la fine dell’infanzia ha coinciso con lo scontro tremendo e improvviso tra me e i miei limiti, simboleggiati dal fatto che trafiggevo gli esseri viventi nelle scatoline e nessu­no – neanche i miei più stretti collaboratori – capiva il senso del­la Barriera corallina.

I limiti, pur essendo miei, mi hanno colto a tradimento.

E ci sono stati degli effetti.

Finita l’infanzia ho cominciato un’altra vita, mi sono inoltrato in una specie di aldilà, un primo aldilà, anche se nessuno se ne è ac­corto, forse perché tutti lo considerano normale.

Le stesse cose, le stesse azioni, avevano un sapore diverso. Ero un altro. Lo sentivo. Mi sforzavo di non esserlo ma non ci riusci­vo. Ero l’usurpatore di me stesso.

La situazione mi rendeva confuso. Allora cercavo di assorbire le schegge dei miei turbamenti.

Perché ero meno interessato alla conoscenza universale? Cosa avevo contro il Leonardo da Vinci senza barba che avevo cullato in me? Chi ero? Dove ero?

A marzo lo zio Enrico, zoologo per professione e scienziato in quanto abitante a Bologna, venne a trovare sua sorella la nonna. scienziato in quanto abitante a Bologna, venne a trovare sua sorella la nonna. Io lo intercettai e gli raccontai tutto entusiasta la storia degli albe­ri pieni di schegge metalliche, alberi indistruttibili.

Lo zio si accorse che era una questione personale perché mi rispose con un discorso che aveva senso anche su quel piano, quel­lo del discorso personale. Con quei larghi denti perfetti mi disse che i primi pesci apparsi negli oceani primordiali erano corazza­tissimi, provvisti di difese formidabili. Ma questo li appesantiva, quasi non riuscivano a nuotare, erano costretti a strisciare sul fondo.

Questa storia era fatta per me.

Forse avrei dovuto rinunciare alle mie difese e nuotare. Questo però lo dico ora, a quel tempo non so cosa pensai. Ricordo solo la visione potente di un pesce corazzato che avanza strisciando su un fondale che potrebbe benissimo essere l’aldilà.