Carriera criminale

La prima volta che sono stato a Ponza doveva essere fuori stagione perché c’era la neve.  Immagino che la neve a Ponza non sia una cosa frequente, ma  ho una fotografia che può testimoniarlo: ci sono io che indosso la salopette della muta subacquea e la neve che sgocciola da una paretina rocciosa sullo sfondo. 

Appena arrivati trovammo qualcuno - un agente immobiliare, mi sembra - che vedendo la mia attrezzatura subacquea mi parlò di una cernia imprendibile che lui insidiava da anni. Ora si preparava a soffiargli aria ad alta pressione nella tana, direttamente dal primo stadio di una bombola, così la cernia usciva e lui sparava col fucile. L’idea mi parve bizzarra. Poi ho imparato che in ogni isola c’è qualcuno che tenta di catturare una cernia imprendibile soffiandogli aria ad alta pressione nella tana. Non mi risulta che la cosa sia mai riuscita.

Lui comunque insisteva che l'espediente era legale. Perché è vero che è vietata la pesca con le bombole, ma questo significa che uno non deve respirare dalla bombola, mentre lui intendeva scendere in apnea portandosi dietro la bombola solo per stanare la cernia.

Se poi prendi una cernia colpendola con una bombola va bene lo stesso, in questa prospettiva.

La pesca subacquea mi è sempre piaciuta moltissimo, me la sogno anche la notte. Devo dire però che l’integrità dell’ecosistema marino è garantita dalla vaghezza della mia mira. La mia tecnica di pesca è questa: sparo a un pesce e ne prendo un altro, di cui neanche sospettavo l’esistenza. E’ una tecnica eccentrica, potremmo definirla divergente. Consente di sognare incontri incredibili e coglie di sorpresa la preda, ma naturalmente è raro che alla fine ci sia una preda. Di solito la tecnica produce pesci in fuga, bellissimi da vedere, molto più belli di un pesce infiocinato. Comunque, a Ponza presi una grossa seppia con questa tecnica divergente.

Quella volta eravamo io e la mia ragazza. Volevamo noleggiare una barca. Il signore che avrebbe dovuto noleggiarla diceva che quel giorno non era possibile ma il giorno dopo magari sì. Non capivamo perché.

Non è forse scritto  che tutti i giorni sono uguali? Bè, credo di no.

La cosa durò infatti diversi giorni. Noi intanto giravamo l’isola in autobus, e io mi trascinavo dietro in autobus tutta l’attrezzatura. La cosa positiva è che non ero mai stato su un autobus con muta pesi e fucile. E‘ un’esperienza, dato che in verità sono oggetti concepiti per stare in mare.

Ogni giorno chiedevo la barca all’affittabarche, ma il giorno buono non arrivava mai. Era sempre domani. Mi sentivo un po’ preso in giro. Si vede che gli stavamo antipatici. Alla fine, a causa credo delle infiltrazioni d’acqua, un muro crollò sulle barche del signore che ci prometteva invano la barca e le seppellì tutte. Certo una punizione divina.

 

Ho sempre frequentato persone che ritenevano la pesca subacquea una attività disdicevole e la mia ragazza in questo non faceva eccezione. A Ponza presi una  murena che sgusciava dentro un relitto in pochi metri d’acqua. Rivedo ancora i suoi movimenti solenni e maculati.  A riva la murena sputò un polpo, intero, ma ormai bianco, perché la pelle era stata già digerita. A mio vanto posso dire che avevo mirato proprio la murena, non un altro pesce, comunque lo spettacolo della murena che sputa il polpo - anche se naturalisticamente interessante - fu la goccia che fece traboccare il vaso. 

 

La mia fidanzata mi disse: basta, o me o la murena. Io scelsi lei, anche se bisogna dire che la murena  era una gran bella murena. 

 

Passarono molti anni senza pesca subacquea. In compenso ho fatto quattro figli. 


 

L’anno scorso mi trovavo in una località toscana che mio figlio chiama Il Bagno delle donnole. La donnola è un predatore furbo e spietato.

 

Mi stavo allontanando dalla riva per poi pescare. C'erano delle orate che risalivano un canalone. Poco prima, mentre indossavo la muta e mostravo l’attrezzatura a mio figlio erano passati almeno tre motoscafi vicinissimi alla costa.  Ora, pinneggiavo sperando che arrivasse la guardia costiera e infligesse a quei maciullatori  una punizione esemplare. Non avevo fatto i conti con l’originalità dei miei conterranei. In effetti, se ci pensi, multare i motoscafi o i gommoni che passano veloci vicino alla costa sarebbe di una banalità desolante, un po’ come multare quelli che in autostrada ti arrivano a un centimetro e ti lampeggiano.

Fa molto più colpo multare un tipo che ha preso cinque telline, o un bagnino che prende un caffè.

Ero abbastanza lontano e cominciai i preparativi. Misi giù la testa per far uscire l’aria dal cappuccio. Sentii un motore in avvicinamento. Sollevando la testa  vidi un gommone bianco piombare a tutta birra verso di me. E’ finita, pensai, non ha visto il pallone, o è uno di quelli che quando vedono una boa segnasub ci vanno sopra per capire di cosa si tratta,  magari una nuova specie di pesce venuta dal Mar Rosso. Invece quello con una manovra inspiegabile ma spettacolare mi si mise di fianco.

Sopra c’erano due tipi vestiti di bianco, inizialmente pensai a due camierieri ubriachi esibizionisti. Invece era la Guardia Costiera.

Vorranno aiutarmi, pensai. Ma perché?

 

 Mi fecero salire bruscamente. Aiutano senza smancerie, osservai ammirato. E' una cosa tra uomini. Uno, quello più giovane, non parlò mai, sembrava assorto in pensieri lontani. L ’altro era il capo: sui cinquant’anni,  leggermente sovrappeso, coi baffoni, diceva cose non pertinenti per uno che salva qualcun altro da non so cosa. Ma non è sempre la parola che contraddistingue il lupo di mare.

Certo anche a prescindere dalle parole il suo tono era duro, severo.

Eccessivamente severo, mi resi conto.

Soppesai il significato delle parole ed ebbi un'illuminazione. Non mi stavano aiutando. Mi avevano appena catturato. Dal loro punto di vista ero una specie di Diabolik.

 Diabolik oltre ad avere una tuta particolare compie delle azioni particolari. Io la tuta particolare ce l'avevo e Eva Kant mi è sempre piaciuta. Abbiamo un sacco di cose in comune, io e Diabolik. Ma cosa avevo fatto? Azzardai una domanda.  Per caso quella era una zona protetta dove non si poteva pescare?

Non rispondevano.

Avevano la faccia da rapitori. 

Mi balenò l'idea della fuga.

Fu così che iniziò la mia carriera criminale.

 

Ripensandoci la fuga poteva essere faticosa. Sono cose da fare in fretta, che è cattiva consigliera.Restai. Volevano i miei documenti. Gli feci presente che i documenti erano a riva, e indicai la direzione. Pensavo che mi riportassero agli scogli a prendere i documenti. 

Sarebbe stato  banale. 

Senza dir nulla mi portarono via, oltre la punta, dall ’altra parte del promontorio. Lì avevano il loro covo fatiscente pieno di fogli con cui si davano ragione. Mentre svoltavamo, mio figlio  da riva guardava atterrito senza capire. Non capita tutti i giorni di vedere un rapimento.

Gli feci allegramente ciao con la mano.

Chiesi ancora alle guardie: ma transitavo in una zona protetta? 

Transitavo mi pareva la parola giusta, un verbo del genere poteva aprire un sacco di porte.

Invece continuarono a non rispondere.

Mi portarono in un ufficietto e mentre ancora ero vestito da Diabolik (che caldo deve patire quell'uomo)  mi venne comminata una  multa da 1038 euro perché - secondo loro - stavo pescando vicino alla riva, tra i bagnanti. Cercai di dirgli che non era vero, che ero lontano dalla riva, peraltro una scogliera a  picco, e che non c’erano bagnanti, a parte mio figlio su uno scoglio, e io non sparo mai a mio figlio.

Questa frase non ebbe successo. Dovrei stare più attento a quello che dico.

Quelli restarono impenetrabili. Forse anche sordi oltre che impenetrabili: perché nel verbale scrissero che dicevo di non essermi accorto di essere così vicino. Mentre avevo detto un'altra cosa.

E’ come se uno accusato di omicidio si professa innocente e nel verbale  scrivono: afferma di non essersi accorto che stava uccidendo la vittima a martellate.

Feci notare che la sagola del pallone era ancora tutta avvolta.

Il baffo si limitò a dire che il pallone  segnasub lo tenevo comunque staccato dal corpo.

La prossima volta nuoterò col pallone in equilibrio sulla testa, feci.

Ecco un'altra di quelle volte che credo di aver detto una frase divertente per sdramatizzare ma l'uditorio non reagisce. In certi casi l'uditorio è maledettamente importante.

La cosa era talmente insensata che a un certo punto pensai a uno scherzo. Magari erano emissari del mio otorino. Lui mi dice sempre che l’uomo non è fatto per andare sott’acqua. 

Se quella era un terapia predisposta dal mio otorino ero impressionato dal prezzo.

 

Nei mesi successivi andai a protestare alla Capitaneria di Porto di Livorno, con tanto di memoria difensiva.  All’Ufficio Contenziosi, un ragazzo gentile dietro una scrivania mi assicurò che avevo perfettamente ragione e anzi mi fece capire che quelli del Bagno delle donnole avevano le loro peculiarità. Salvo poi mandarmi il mese dopo una lettera in cui con frasi misteriose (tipo “si rappresenta che…” ) mi si diceva che la sanzione rimaneva invariata.

Non si erano neppure degnati di convocare i testimoni. Avrei potuto rivolgermi al giudice di pace ma lasciai perdere. Mi sembrava gente ben organizzata.

Ripensavo alla faccia gentile del ragazzo dell ’Ufficio Contenziosi, che sembrava d’accordo con me. Poi si dice che c’è poco lavoro per gli attori. Con tutti gli Uffici Contenziosi che ci saranno in giro! 

Quell’episodio ha lasciato in me e anche in mio figlio - quello che ha assistito al rapimento sul gommone bianco - un senso di ingiustizia.  Tra l’altro, proprio prima di scendere in acqua l’avevo ammonito severamente circa i pericoli del caricamento a riva.

L’episodio dimostrava che il giusto comportamento viene punito. 

Ho smesso di mandare maledizioni a quel tipo coi baffi solo pensandolo come un rapinatore. 

Tutto ciò ha prodotto tre pericolosi avversari delle forze dell’ordine: i miei figli. I figli sono quattro, il quarto non ha aderito per via dell’età. Ma può darsi che crescendo, e ascoltando i racconti di quel mattino, si unisca alla banda. La nostra famiglia si sta allontanando a grandi passi dalla cosiddetta cultura della legalità.

 

Quest’anno sono tornato a Ponza con la stessa fidanzata che mi aveva detto “o me o lei” riferendosi alla murena e che per comodità chiamerò mia moglie, anche se non siamo sposati. E naturalmente col resto della banda. 

Via via che mi avvicinavo all’isola riaffioravano i ricordi. Mi succede sempre così. Mi riaffiorano i ricordi senza bisogno di essere sul posto, semplicemente avvicinandomi. E’ una magia. Lo spazio evoca il tempo. Ora ricordavo un giro col mare un po’ mosso a largo di un faro, col fondale profondo, invisibile, e delle grosse ombre che scorrevano sotto di me. A quel tempo mi piaceva lasciarmi andare a mezz’acqua sui fondali profondi. Il senso di inquietudine e di piacere. Oggi preferisco i fondali bassi, dove si avverte meglio la contiguità tra il mondo emerso e quello immerso.

Ricordavo anche  delle rocce bianche a strapiombo e  un’aragostina, dalle parti di un posto che si chiamava Cala Gaetano, quella è l’unica aragosta che io abbia visto andando in apnea. 

E soprattutto ricordavo la murena sputatrice. Dopo la scena  in cui mia moglie aveva detto “o me o lei“, in realtà avevamo trovato una signora che ce l’aveva cucinata a rotellone fritte. Il figlio della signora aveva chiesto “l’hai sparata?”

Ricordavo un cane dal pelo lungo e chiaro, una specie di spinone,  che mi aveva fatto compagnia mentre scrivevo seduto al tavolino di un bar. Da qualche parte ho una foto di me col cane: ha un’aria entusiasta e sembra che sia lui a dettarmi le parole.

Mentre sbarcavamo pensai alla neve. A volte le prime impressioni marchiano la mente di un uomo. E per me Ponza - la vera Ponza - rimarrà sempre spennellata di neve. Per cui  trovavo un po’ strano vedere l’isola col caldo e senza la neve e piena di gente. 

 

Ci sedemmo a un bar nei pressi del porto.  Guardavo qua e là, un po’ ansioso, sperando che i tre figli più grandi non  rivelassero troppo presto la  loro natura criminale di distruttori di tavolini e tovaglie, e il minore non sfoderasse  le sue doti di urlatore assordatore della quiete pubblica, quando  lo vidi.

Anche lui mi guardò, con quel suo sguardo soddisfatto di se stesso. Anzi oserei dire che mi guardò coi baffoni, forse per questo non mi riconobbe. Dato che era senza divisa immaginai che fosse in vacanza,  però era solo. Strano: come minimo la vacanza era  una copertura per qualcosa di losco.

Eccolo lì, l’iniquo che aveva generato nei miei figli quella diffidenza verso le forze dell’ordine che dopo aver  distrutto anni di educazione alla legalità li avrebbe condotti  sulla via del banditismo.

Sarebbe stato giusto che la donnola baffuta ricevesse una punizione. Ma solo una mano innocente può punire. Così come era stato innocente, ma giusto,  il muro che molti anni prima aveva seppellito le barche dell’uomo che ci prendeva in giro.

Valutai le probabilità che un muro cadesse sulla donnola per via della neve. Non ci potevo contare.

 

Avevo in mente il piccolo relitto dove avevo trovato la murena sputapolpo, forse perché ho due foto subacquee con mia moglie che indossando una muta fucsia nuota costeggiando la fiancata del relitto. Sembra a cento metri di profondità, anche se saranno tre metri. Ho poi appreso che mia moglie odia andare sott’acqua, quindi quelle due foto testimoniano una estrema delicatezza da parte sua nei miei confronti e io non sono insensibile a queste cose.

Alla fine andando in giro per l’isola col figlio maschio, quello che era presente al mio rapimento presso il Bagno delle donnole, ho trovato la scalinata scavata nella roccia che porta agli scogli di fronte al relitto.

Era sera. Scendendo vidi che sugli scogli c’era un uomo solo.

LUI.

Quell’individuo mi perseguitava. Per fortuna mio figlio non lo riconobbe, era ancora lontano, né l’aveva riconosciuto al bar.

Quando arrivammo giù la donnola era in acqua, e faceva dei goffi tentativi di immersione con pinne e maschera.

In quei giorni mio figlio stava affinando l’arte di tirare i sassi sull’acqua. Io mi chinai e raccolto un sasso magnifico,anche se un po’ grosso, gli dissi: vedi un po’ se ti riesce con questo. Stava per tirare a destra ma  gli fermai la mano e dissi: no prova un po’ di là, che era la direzione in cui avevo visto immergersi la donnola.

La mano  di mio figlio lanciò. Il sasso rimbalzava potente e leggero. Vidi la testa della donnola emergere, proprio sulla traiettoria.

Una incredibile sfortuna, in tutta quella immensità. Avevo detto al bambino di lanciare il sasso così per gioco, non avrei mai pensato che il sasso potesse colpire davvero la testa della donnola.

Mi era già successo da ragazzo, di colpire un sub con un sasso. La cosa non poteva ripetersi.

E infatti non si ripetè. Trattenni il fiato. Vidi il sasso schizzare accanto alla testa e proseguire in gran fretta verso l’orizzonte, come se fosse in ritardo .

Meglio così, pensai. In fondo quell’uomo non l’avevo visto mica bene: forse non era neppure chi pensavo che fosse. O forse era proprio lui. Ma senza divisa e senza gommone faceva pena, così, da solo, in vacanza. Anche la maschera e le pinne mi sembrarono tristi. 

E’ stato un bel lancio, dissi a mio figlio, diventi sempre più bravo.

Lui sorrise appena. Un sorriso lieve, pieno di tenerezza.

Era un ragazzo che prometteva bene.

 

Enzo Fileno Carabba