Avvistamenti - Stefano Ricci

Se decido di avventurarmi in questa favola nera, poi tu dovrai non dico seguirmi, ma almeno assecondarmi. Un viaggio solitario, come sempre è stato. In un'epoca in cui le barriere fra i generi sono svanite ed i linguaggi espressivi già da molti anni si sovrappongono influenzandosi in complesse stratificazioni, il contatto con l'opera può essere affidato solo ad una curiosità importante, ad una semplicità di reazione, ad una volontà di sapere cosa davvero ho davanti ai miei occhi. 


Ad esempio un lago ghiacciato. In basso vedo una superficie solida su cui potrò forse camminare, in alto un bianco denso e un celeste chiaro. A guardare meglio però mi accorgo che è tutto un paesaggio cucito, sono pezzi di tessuto tenuti assieme, sembrano usati, consumati, eppure hanno un loro splendore. E' una scena riciclata che possiede la nettezza di una visione bambinesca. Mi sento come se fossi un ragazzino piombato dentro una rappresentazione affascinante che non riesco a comprendere del tutto.

C'è poco da stare tranquilli in questo percorso. Sembra di essere al sicuro, ma è solo una illusione di salvezza: in agguato ci sono sequenze scarne, altamente espressive, proprio come lo storyboard di un film. Si sviluppano atmosfere visive che rimandano alla tecnica cinematografica, e infatti a Carlo – mentre stava fotografando la mostra - è venuto subito in mente Donnie Darko, mentre io in precedenza avevo pensato alla televisione, a serie come la vecchia Twin Peaks o la recente Fargo. Comunque in tutte queste opere (arazzi, piccole e grandi carte piene di personaggi e misteriose manovre) sono le narrazioni ad emergere, con una prepotenza a volte anche paurosa. 

Narrazioni di stampo cinematografico e televisivo, abbiamo detto, almeno come punto di partenza, ma subito si evolvono in una direzione non mimetica: Stefano Ricci non desidera (per fortuna!) imitare fedelmente l'immagine super moderna ad altissima definizione, quale ci viene oggi restituita -in ogni maledetto attimo delle nostre vite - dagli schermi che ci circondano. Al contrario, l'immagine /racconto viene sempre sottoposta ad un filtraggio molto personale che crea una sorta di doppio, una visione low-fi, sporcata dalla materia logora dei tessuti o dalla inquietudine dei flussi pittorici. Così tutto un mondo di incubi possibili, di vite ad un bivio, di pericoli inevitabili, prende forma altamente privata e lo stile dell'autore finisce per imprimersi in modo molto intenso, come è giusto che sia, sopra le storie offerte all'osservatore. 

Si tratta di narrazioni sempre parziali, punti di vista incompleti, e questa frammentazione mi appare come uno dei segni forti nelle opere di Ricci, perché produce una istantaneità di significato molto efficace. Sono opere impure, nel migliore significato che possiamo attribuire a questo termine. Creazioni appartenenti ad un territorio strano, in cui pittura, illustrazione, racconto cinematografico e televisivo, materialità del colore, sceneggiatura ed illuminazione fulminea, tendono ad addensarsi, a mescolarsi, a ricombinarsi in una forma attraente e perturbante. 

"Ricci avvista il reale: lo scruta delicatamente, lo circoscrive in focus ovali che ne numerano la visione. Lo interiorizza in un mondo silenzioso di cani e mangrovie per poi ricrearlo e comporlo. Si vive lesperienza di questa sensibilità nella performance Spinner, creata insieme al contrabbassista Giacomo Piermatti. Sulle improvvisazioni del musicista, Stefano dipinge con colori neri e bianchi proiettando sul muro, alla visione pubblica, la sua azione. Di fatto i due si influenzano vicendevolmente e quello che ne fuoriesce è una jam session a due dallesito sconosciuto." (Cartavetra) 

 


Avvistamenti, Stefano Ricci, galleria Cartavetra, via Maggio 64r, Firenze. Orario: lun-ven 15.00 -19.30; sabato 10.00-13.00/15.00-19.30. Fino al 5 marzo. 

Stefano Loria (testo)

Carlo Zei (immagini)